Eco-quartiere “Le Albere” by Renzo Piano: pro e meno pro

schizzomuse
Anziché una bella foto panoramica preferisco partire dallo schizzo di Renzo Piano. Un genio è sempre un genio, e può permettersi tutte le finte ingenuità che vuole nelle proprie creazioni (un po’ come “e non c’è niente CHE ho bisogno” di Jovanotti), è il successo dell’opera finale a decretarne la buona riuscita: ed è indubbio che il suo complesso “Le Albere” ce l’abbia fatta.
Costruito a Trento lungo il fiume Adige, nel luogo che un tempo ospitava l’area industriale Michelin, è una mini-città praticamente autonoma: residenze, uffici, negozi, attività ricreative, perfino un Museo della Scienza (MUSE) per un totale di 350 unità in un parco di 5 ettari (circa 5 campi da calcio). Si tratta di un bellissimo esempio di riqualificazione urbana, firmata da uno dei più grandi orgogli italiani; la sostenibilità del progetto secondo me è già garantita a priori dal fatto che non vengono utilizzate aree vergini.
Bellissimi gli edifici, tutti: ampie vetrate, grande uso del colore verde (per la verità non ne vado matto) e del legno per richiamare il nome del complesso, “Le Albere” appunto, che significa pioppi. Gli edifici sono costruiti in linea o a corte e, pur differenziandosi per lo stile moderno e le originali coperture, si amalgamano bene con quelli del vicino centro storico, mantenendo le stesse proporzioni e altezze. I lotti sono intervallati a viali alberati, parchetti, stagni, cespugli, e sullo sfondo le splendide montagne trentine per fare da cornice all’idillio dei fortunati residenti (in verità ancora pochissimi visti i prezzi stellari, mi dicono). sfondo le albere
In riferimento a questo articolo, però, vorrei fare anche alcune mie personalissime considerazioni. Si parla di eco-quartiere e edificio passivo. Il primo può essere vero, il secondo no. Scendiamo più nel dettaglio: leggo che la domotica ottimizzerà la gestione dei consumi delle unità e del quartiere, non si precisa il come ma presumo si tratti soprattutto di illuminazione automatica. Sarebbe bello anche l’azionamento automatizzato delle schermature solari in relazione all’irraggiamento rilevato per proteggere le vetrate durante i periodi caldi. C’è anche il recupero delle acque piovane, wow! Questo è molto buono! Poi ragazzi che impianti: ventilazione meccanica controllata, sonde geotermiche, pannelli fotovoltaici e centrale di trigenerazione (cioè si ricava energia meccanica, elettrica e termica allo stesso tempo) e chi più ne ha più ne metta.
Sono un po’ meno entusiasta della parte in cui si magnifica la sostenibilità ambientale dei materiali usati (senza però richiedere una certificazione come LEED o CasaClima Nature) e il comportamento energetico degli edifici, dotati niente-popò-di-meno-che di un cappotto esterno e di una certificazione CasaClima B. Per chi non ne fosse al corrente la classe B è ormai il minimo obbligatorio in tutto il Trentino Alto Adige. Intendiamoci, sono comunque 10 passi avanti al resto d’Italia, ma “Le Albere” non ha fatto altro che rispettare gli standard minimi del luogo (anche se a onor del vero quando hanno avviato l’iter di certificazione nel 2009 bastava la C). Per far capire che non bisogna abusare del termine “passivo” basta dare i numeri: 1, 3, 5: corrispondono circa ai litri di gasolio (o ai metri cubi di metano) per metro quadro all’anno necessari per riscaldare e raffrescare rispettivamente una CasaClima GOLD, una CasaClima A e una CasaClima B. Quindi c’è una differenza di 5 volte tra i consumi di questo complesso e quelli di un edificio passivo, non poco. Non conta poi tanto da cosa venga presa questa energia, è qui che voglio battere il chiodo: perché se l’involucro non è performante è comunque energia sprecata, perché potrebbe servire cinque abitazioni anziché una.

Daniele Pozzan