L’importanza del risparmio energetico

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Tutti i miei amici sanno che odio gli sprechi. Che si tratti delle fontane pubbliche o della pizza avanzata non fa differenza. Quindi ho buttato giù due righe su una cosa più seria che sentiamo da mo’: una delle urgenze più impellenti che l’Unione Europea si trova ad affrontare è quella di abbattere i consumi e le emissioni di gas serra (principalmente anidride carbonica) nel più breve tempo possibile. Proprio l’Unione Europea è una delle principali sostenitrici del Protocollo di Kyoto, quello del 1997 ve lo ricordate? Dovremmo essere a 192 Paesi aderenti di cui 83 firmatari (ho tenuto il conto con le mani). A Kyoto si decise, tra molte altre prescrizioni e alcune eccezioni, che entro il 2012 si dovessero ridurre le emissioni di gas serra rispetto al 2012; poi come spesso accade si è spostata l’asticella un po’ più in là, ovvero al 2020.

Ma il Protocollo non costituisce di per sé un vero e proprio obbligo, e pure le sanzioni sono all’acqua di rose. Cosa ha pensato quindi la UE? Con la direttiva 2003/87/CE è stato introdotto un meccanismo sanzionatorio molto più convincente che, oltre a multare di 100€ per ogni tonnellata di CO2 prodotta in eccesso, istituisce un mercato di permessi di emissione. Questi sono dei veri e propri “permessi di inquinare” assegnati in varie quote ai singoli operatori dei settori produttivi più energivori. Ogni operatore sarà quindi incentivato a non oltrepassare le proprie quote onde evitare di pagare la sanzione, ma al contempo potrà cercare di ridurre ulteriormente le emissioni in maniera tale da poter entrare nel mercato delle emissioni (ET) con un bilancio attivo e poter vendere le proprie quote avanzate con gli operatori meno virtuosi. Tutto ciò avrebbe dovuto innescare una corsa all’efficienza, specialmente nel caso in cui le quote avessero raggiunto un buon valore di mercato; sembra tuttavia che, a causa della forte crisi che ha colpito l’economia, il valore delle quote sia crollato ben al di sotto di quanto previsto, rendendo di fatto poco incentivante tale meccanismo. Notizia recente: nulla di fatto. Forse era troppo complicato da capire. O da spiegare.

Per comprendere quanto la componente edilizia sia importante nel computo delle emissioni è opportuno fornire alcuni dati: in Europa il 40% del consumo di energia e il 36% delle emissioni di CO2 è originato dall’edilizia residenziale e commerciale. Una quota circa pari al 70% di questo consumo serve a soddisfare la domanda di riscaldamento nelle sue varie forme (metano, gpl, legno, pellet ecc.) e un altro 10% circa è utilizzato per scaldare l’acqua sanitaria; il 20% che rimane è imputabile per due terzi agli elettrodomestici e per un terzo alla cucina (non so se vi convenga di più il forno a microonde o il fornello, ma nel dubbio scegliete sempre il fornello!). Insomma, ok gli incentivi per gli elettrodomestici nuovi in classe A++++ super (come i feedback su ebay), ma non basta: serve un controllo sulle emissioni prodotte dagli edifici.
Entro il 2020 (2018 per gli edifici pubblici), dice la direttiva 2010/31/UE, tutto il nuovo costruito dovrà avere i requisiti previsti per gli edifici “a energia quasi zero” (Nearly Zero Energy). Adesso ok, soffocate le risate…ma voi…ce la vedete l’Italia in regola nel 2020? Pffff!!! Ad ogni modo, meglio prendersi per tempo, magari a 70 anni mi ritroverò a fare qualche progettino di casa passiva, quindi via con l’apprendistato.

Daniele Pozzan