Batteria domestica Tesla PowerWall, la novità del momento

AGGIORNAMENTI 05/10/2016:

Tesla Powerwall è arrivata, e in giro si trova qualche esempio di installazione. I distributori sono pochi e molto selezionati da Tesla con rigidi criteri, mentre gli installatori certificati sono già diffusi in maniera abbastanza capillare. Tesla sembra avere una politica di marketing protezionistica, e ciò conferma la similitudine con Apple che molti le attribuiscono. Anche il fattore “emozionale” è parte di tutto questo.

Rendiamo subito noto il costo di Tesla Powerwall sul nostro mercato: se è vero che importare la batteria dagli USA costa ai distributori i famosi 3000$ pubblicizzati, aggiungendo trasporto, modulo aggiuntivo per l’inverter, centralina, sensori, accessori vari, installazione autorizzata con monitoraggio, ad oggi ha un costo per il privato di circa 7000-7500 € + IVA. Tuttavia, se il modulo è incentivato con le detrazioni al 50% come è confermato allo stato attuale della normativa, il payback period è abbastanza breve.

A livello tecnico, va specificato che la capacità attualmente disponibile è di 6,4 kWh (leggermente inferiore agli annunci iniziali) con scarica al 100%, e la potenza erogabile è di 3,3 kW (sensibilmente superiore a quanto noto prima della distribuzione).

Di seguito potete leggere il vecchio articolo.

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PowerWalTeslal di Testa: siamo di fronte ad un vero fenomeno del marketing, ad un boom di pre ordini e a un hipe tipico dei più moderni smartphone, cosa che non accade praticamente mai nel settore edilizia e impianti. Ma perché?

Vediamone insieme i pregi:

1) Design e marchio. Eh sì, batterie così belle non si sono mai viste. Ma se poi lo metto in centrale termica o a fianco del quadro elettrico, che me ne importa? Ad ogni modo anche il mondo dell’architettura, che spesso si disinteressa alle questioni più tecniche tipo “meglio questa pompa di calore o quest’altra?” ora si sente chiamato in causa. Senza contare che Tesla (Motors) è un brand già conosciuto nel settore automotive da quando crea automobili elettriche di altissima gamma, e quindi raccoglie un bacino più ampio dei soli addetti ai lavori.

2) Prezzo. Rispetto alle batterie di accumulo al piombo presenti attualmente sul mercato il costo viene quasi dimezzato (anche se è meglio aspettare la conversione dollaro-euro) e si aggira sui 3000-3500 € a seconda del taglio. Quello che solitamente non viene detto è che serve della componentistica in grado di gestirle, un inverter più “intelligente” in pratica, con un sovrapprezzo di ulteriori 1500 € circa. Alla fine quindi dovremmo sborsare una cifra che si aggira attorno ai 5000 € contro gli 8000 € che avremmo speso con le soluzioni attuali, ovvero il prezzo di una piccola utilitaria!

3) Capacità. Il costo non è l’unica variabile, conta anche la quantità di energia che la batteria riesce ad immagazzinare: con la batteria di Tesla arriviamo a 7 o 10 kWh, secondo il taglio scelto, contro i 3-5 kWh dei prodotti attualmente destinati al settore residenziale. In maniera approssimata significa che può alimentare un phon con potenza di 1 kW per 7 o 10 ore. Non è male, ma dipende dalle aspettative.

4) Garanzia e ciclo di vita. Finalmente batterie con prestazioni garantite per dieci anni, cosa che ci permette di fare precise analisi di ritorno dell’investimento. Anche qui rimando a futuri articoli o alle vostre domande.

5) Modularità. È possibile accoppiare più batterie per aumentare la capacità di accumulo e anche la potenza erogabile.

Passiamo ora ai limiti di Tesla PowerWall:Tesla moduli

1) Potenza erogabile. Un singolo modulo può erogare fino ad un massimo di 2 kW, un po’ poco generalmente, decisamente poco considerando una casa dove anche il riscaldamento e il fornello funzionano a corrente elettrica.

2) Costo e ritorno dell’investimento. Nonostante il forte miglioramento, la convenienza rimane da analizzare caso per caso. Se prendiamo ad esempio una casa con un involucro progettato per consumare pochissimo, dove tutto funziona a corrente e per la quale si può godere (per ora) della tariffa agevolata D1, l’investimento può arrivare verosimilmente a pareggio a circa 3/4 della vita utile della batteria (ovvero 7-8 anni), non prima.

3) Data di lancio e condizioni. Ricordo che non è ancora arrivata la versione per il mercato europeo e italiano! Vedremo chi la distribuirà, a che reale prezzo e quando. Pare a cavallo tra 2015 e 2016, io credo in concomitanza con una fiera del settore tipo SolarExpo.

Concludendo, sicuramente Tesla mette a segno un punto importante: presto o tardi, con queste batterie il mio investimento si ripagherà e per un certo periodo di tempo mi permetterà di guadagnare. Non è poco, perché nessuna batteria fino ad ora c’era veramente riuscita. Manca ancora un po’ di strada al completo autoconsumo, ma siamo al giro di boa.

Vi aspetto di nuovo su questo forum per parlare, sulla scia di questa news, di autoconsumo, sistemi di accumulo, quota rinnovabile e distacco completo dalla rete (off-grid).

A presto!

Tenuta all’aria e blower door test: come e perché

Abbiamo capito dai precedenti articoli che una buona tenuta all’aria, unita ad un buon involucro, assicura migliori prestazioni energetiche ed è imprescindibile nel caso di VMC: quest’ultima infatti crea differenze di pressione tra i vari locali della stanza, che devono compensarsi senza richiamare aria dall’esterno.

Infiltrazioni

Al termine di ogni costruzione si può eseguire un blower door test per verificare la tenuta all’aria dell’involucro; oltretutto questo test è obbligatorio in ogni certificazione CasaClima, e il raggiungimento di una determinata classe energetica è vincolato al superamento delle soglie imposte dall’Agenzia altoatesina.

Tabella valori limite

Il test consiste nel porre l’edificio sigillato sia in pressione che in depressione, con una Δp costante di 50 Pascal, attraverso una speciale macchina ventilatrice. Vengono nel frattempo misurati i m3/h che passano attraverso la ventola per mantenere costante questa differenza di pressione. La portata si ricava da una curva pressione-portata che si ottiene in laboratorio durante la taratura della macchina. Il ricambio orario di aria viene poi messo a confronto con il volume netto della casa.

Un buon risultato, nel mondo reale, vorrebbe che in un’ora di questo test venisse espulso o immesso al massimo un volume d’aria pari a quello netto dell’edificio. Infatti questo rapporto, denominato n50, dev’essere al massimo 1 per le CasaClima Classe A, mentre deve essere inferiore a 0,6 per le CasaClima Classe GOLD e le Passivhaus.

Blower door

Vi assicuro che per ogni Impresa di costruzioni e per tutti coloro che hanno lavorato in cantiere questo test è come andare ai rigori, senza contare che potrebbero esserci clausole contrattuali legate al suo esito.
Potreste trovarvi nel mezzo di uno scaricabarile tra il costruttore, il serramentista, l’elettricista e l’idraulico, o tra il fuoco incrociato di Direzione Lavori e Committenza; è importante che ogni figura conosca prima di tutto quali siano gli obiettivi da raggiungere e il modo in cui possano essere raggiunti. Il tecnico preposto deve anticipare i loro possibili errori, come ad esempio forare una parete quando magari sono stati già predisposti dei cavidotti, oppure non eseguire i sormonti negli incroci delle guarnizioni, o usare un prodotto che appare simile a quello richiesto credendo che non faccia differenza. Nel blower door TUTTI i nodi vengono al pettine.

Chiaramente non è affatto detto che il test venga superato al primo colpo, ed è proprio per questo che sono molto utili i pre-test per individuare e risolvere i problemi dell’involucro prima di ultimare le finiture. Durante il test ci si servirà dunque di una macchina del fumo, di un anemometro oppure di una termocamera per ricercare i punti deboli; questa è una scienza a parte che comincia dalla teoria ma si avvale soprattutto dell’esperienza del tecnico, e non è l’argomento di questo post.

Nelle case in muratura di solito è l’intonaco interno a dare tenuta all’aria, e ci si deve preoccupare solamente di serramenti e impianti. La struttura delle case in legno invece è realizzata accoppiando dei moduli a secco; dunque ogni giunto deve essere sigillato, senza contare che la tenuta del modulo stesso non sempre è garantita, come per esempio nelle strutture a telaio.

Ma la tenuta all’aria non è solo fine al superamento del blower door test e al risparmio energetico. Durante la stagione fredda, quando l’aria interna è significativamente più calda dell’esterno e carica dell’umidità prodotta dalle normali attività quotidiane, si crea una differenza di pressione (seconda legge di Guy Lussac) tale da poter spingere l’aria verso l’esterno; la differenza di pressione viene anche indotta da una corrente d’aria che investe una determinata parete, generando una sovrappressione da quel lato e una depressione dal lato opposto.  In presenza di una falla l’aria trova una via d’uscita e porta con sé il vapore; l’aria calda e umida, nel suo percorso verso l’esterno, incontrerà superfici fredde, facendovi condensare le particelle di vapore. Tale condensa può portare nel tempo a formazione di muffe e funghi che potranno poi diffondersi sia all’esterno che all’interno dell’edificio, compromettendone durabilità e salubrità. Molti confondono questi sintomi con ammaloramenti causati da infiltrazioni di acqua, ma spesso non è così. Un tipico caso si ha con travi di copertura passanti: a tale scopo si utilizza la tecnica del passatrave o della trave passa fuori.

Ammaloramenti

Nel prossimo episodio vi racconterò quali sono, a mio avviso, i prodotti più adatti per la tenuta all’aria.

Daniele Pozzan

Ricambio d’aria e passaggio di vapore: facciamo chiarezza

Sfatiamo un mito.
I muri devono respirare per non “fare la muffa” e compagnia cantante?
Risposta breve: NO.

Risposta lunga: non confondiamo la “respirazione”, intesa come ricambio di aria, con la traspirazione, intesa come passaggio di vapore.
ricambio
Per quanto riguarda il ricambio d’aria sanitario, questo dovrebbe avvenire in maniera controllata attraverso, per l’appunto, la ventilazione meccanica controllata abbinata ad un recupero del calore. A chi teme di dover vivere in reclusione ripeto sempre che niente ci impedisce di aprire le finestre quando vogliamo, specie nelle mezze stagioni, ma con la consapevolezza che se lo facciamo a gennaio oltre a gelarci il naso stiamo letteralmente buttando i soldi…dalla finestra!

Condensa interstiziale
Per quanto riguarda invece il passaggio di vapore, iniziamo con il dire che la traspirabilità è un po’ sopravvalutata. Solamente il 3-4% del vapore passa attraverso l’involucro, il resto evacua attraverso i ricambi d’aria (controllati o meno). Quello che conta è che la stratigrafia sia aperta alla diffusione verso l’esterno, come se fosse un’autostrada con una serie di caselli in successione (i passaggi tra un materiale e l’altro) ai quali le particelle di vapore sono costrette a rallentare: il secondo casello dovrà smaltire la coda più velocemente del primo e così via, non il contrario, altrimenti si creeranno pericolosi incolonnamenti (ovvero rischi di condense interstiziali). Se per ipotesi chiudessi subito la frontiera non avrei bisogno di caselli aperti in seguito, a meno che qualche particella non trovi comunque il modo di aggirare l’ostacolo e passare. Ecco perché la cosiddetta barriera al vapore posta internamente si usa solo in alcuni casi e quasi mai nelle nuove costruzioni, nelle quali si preferisce generalmente controllare la fuoriuscita del vapore senza impedirla.

muffa e ponte termico
Tornando alla domanda iniziale: cosa devo fare per non avere più problemi di muffe? Assicuriamoci PRIMA di eliminare i ponti termici costruttivi (con un buon cappotto senza interruzioni, ad esempio) e di garantire in questo modo alte temperature superficiali lungo i bordi delle stanze e dei serramenti. Fatto questo, POI viene l’arieggiamento dei locali. Famosi i casi in cui, in edifici datati, dopo aver sostituito i serramenti ricercando un miglioramento del comfort domestico cominciavamo a formarsi muffe negli angoli della stanza; paradossalmente l’unica cosa che salvava i proprietari dalla muffa era il ricambio d’aria garantito dalle infiltrazioni di aria dalle vecchie finestre!

Il comfort, come anche il risparmio energetico, è dato per tre quarti dall’involucro e solo per un quarto dagli impianti. Ricordiamocene quando l’idraulico ci suggerirà di cambiare la caldaia o installare dei costosissimi pannelli solari termici o fotovoltaici.

Daniele Pozzan

La ventilazione meccanica controllata: potenzialità

SCHEMA VMC
Ve lo avevo promesso ed ecco qui l’articoletto!
Prima di tutto: cos’è la ventilazione meccanica controllata (VMC)?
Si tratta di un sistema formato da un’unità centrale e da una rete di canalizzazioni che innerva l’edificio: l’unità centrale contiene i ventilatori in grado di mettere in moto l’aria, mentre le tubazioni portano a delle bocchette di ventilazione sparse per tutta la casa.
Alcune di queste bocchette aspirano l’aria, e vengono localizzate nei locali in cui si ha una maggiore produzione di umidità, come ad esempio nei bagni, nelle cucine e nelle lavanderie: sono dette bocchette di presa. Altre bocchette invece immettono nell’ambiente aria nuova, prelevata dall’esterno e filtrata da polveri e pollini (utilissimo in caso di allergie): sono dette bocchette di mandata, e vengono installate nei locali “nobili” come camere e salotti.
L’unità centrale è il cuore della VMC, e in essa avviene il miracolo energetico che tutti desideriamo, ovvero il recupero dell’energia. Come funziona? Sostanzialmente l’aria aspirata, che è viziata, umida ma anche calda, prima di essere espulsa cede il proprio calore all’aria fresca proveniente dall’esterno.
Ci sono vari metodi per raggiungere questo scopo e i rendimenti che si ottengono sono anche molto diversi tra loro. Gli apparecchi di ultima generazione permettono di recuperare anche il 90% del calore!

Recuperatore di calore

Veniamo ai vantaggi:
– l’aria è sempre fresca e pulita, come (anzi meglio) che aprendo le finestre;
– il calore non viene più disperso in modo incontrollato verso l’esterno;
– il movimento dell’aria, seppur difficilmente percettibile in quanto le portate in gioco sono molto basse, evita i ristagni di aria umida e la formazione di muffe;
– può essere usata (in parte, a volte, cum grano salis, dipende dai casi, con le dovute cautele) per il riscaldamento o meno di frequente per il raffrescamento; nel prossimo futuro prometto un approfondimento per i palati più tecnici.

Quando deve essere prevista la VMC?
Alcuni protocolli certificativi come CasaClima, per le classi A e GOLD in particolare, ritengono la VMC imprescindibile. La ventilazione viene consigliata di norma in ogni edificio che abbia una vocazione all’efficienza e al risparmio energetico. Si abbina bene con un edificio di classe energetica B, A o superiore, che abbia un buon valore di ermeticità, chiamata più spesso tenuta all’aria.
“COSA!? MA LA MIA CASA NON DEVE RESPIRARE!?” In un certo senso sì, ma non come usiamo pensare.
Il prossimo post farà chiarezza proprio su questo.

Daniele Pozzan

Legno: Xlam o telaio? La pagella

Chi vuole una casa in legno? In questo articolo vi avevo parlato del perché il legno possa essere un materiale desiderabile per la vostra futura casa. Non ne siete ancora convinti?
Innanzitutto si dirà una cosa scontata: costruire con il legno non significa usarlo come decorazione, ma come materiale portante, quindi con funzione strutturale. casa-con-telaioNon è legno del tutto naturale: viene segato, incollato a strati, lavorato, trattato, et voilà, è pronto da usare per dare vita a un normalissimo villino, a delle classiche case a schiera, a un palazzo tradizionale. Personalmente preferisco il design moderno, a tetto piano dove ce lo si può permettere. Esistono fondamentalmente tre tipologie costruttive alternative:

la parete massiccia, tipo il famoso Xlam o il meno noto MHM ;
la parete a telaio;
la blockhouse (che però non discuteremo in questa sede)

Banalmente: nel primo caso avrete un muro fatto di legno, mentre nel secondo caso ci sarà un telaio in legno composto da pilastri, travi e controventi. In entrambi i casi lo spessore del legno è dell’ordine di 10-15 cm.

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LA PAGELLA

1) PREFABBRICAZIONE: XLAM 9 – TELAIO 10
Si può contattare la ditta produttrice con il progetto già bello che pronto oppure affidarvisi in tutte le fasi della realizzazione, ma il risultato non cambia: arrivano in cantiere le pareti già preritagliate con i fori per porte e finestre, nel caso dell’Xlam, oppure già preassemblate nel caso del telaio. Questo permette di risparmiare un sacco di tempo, e in poche ore la struttura portante è pronta!

2) COSTO: XLAM 7 – TELAIO 8
Tempo risparmiato = denaro guadagnato. Anni che furono, il maggior costo di un cantiere era il materiale mentre ora è la manodopera. Chiaro che costruendo in legno si spende sì qualcosa in più per il materiale ma lo si risparmia in tempi di posa e in attese: montare le pareti è facile e veloce, non ci sono malte o cementi che devono asciugarsi o indurirsi prima togliere i puntelli dai solai e scasserare tutto. Un risparmio non indifferente!
Se in Italia non è ancora un sistema economico come altrove è dovuto anche alla scarsa concorrenza. Possono essere comunque convenienti le offerte “chiavi in mano” che vengono proposte di solito, ovvero senza spese impreviste (che vi assicuro sono molto spiacevoli…e frequenti!).

3) LEGGEREZZA: XLAM 8,5 – TELAIO 10
In entrambi i casi (ancor di più con il telaio) avrete un edificio leggero. Questo non significa che sarà meno resistente, e nemmeno che vi volerà via in caso di tromba d’aria (e poi in fondo non siamo nella Tornado Alley). Pensate che alla fine il calcestruzzo deve essere così pesante e robusto per…portare se stesso, specialmente in caso di sisma! Di nuovo banalizzando, mi rifaccio al secondo principio della dinamica: maggiore è la massa, a parità di accelerazione (sismica), maggiore è la forza cui la struttura sarà sottoposta. Se il legno pesa circa un quarto del calcestruzzo a parità di volume (500-700 kg/mc contro 2500 kg/cmc), è facile fare i conti: una solaio tradizionale può pesare come tutto un piano realizzato in legno, ottimo quindi per le sopraelevazioni senza andare a toccare le fondazioni!

4) ANTISISMICITA’: XLAM 10 – TELAIO 9
L’XLam si può definire come la miglior soluzione antisismica per edifici fino a 3-4 piani. Ha un comportamento scatolare, dunque potenzialmente resistente e “rigido” in tutte le direzioni, riuscendo a dissipare parte dell’energia del sisma attraverso la duttilità dei giunti in acciaio. Tuttavia anche il sistema a telaio è ottimo, per via della leggerezza: non è un mistero che dopo il terremoto in Emilia un edificio a telaio di recente costruzione non ha riportato neanche una crepa nell’intonaco, quando tutto intorno a sé c’era la devastazione.

5) ISOLAMENTO INVERNALE: XLAM 9 – TELAIO 8,5
Un piccolo vantaggio per la parete massiccia, ma in ogni caso entrambe le soluzioni permettono, se adeguatamente coibentate, di raggiungere gli stessi standard.
L’indicatore per eccellenza (ma non l’unico) è la cosiddetta “trasmittanza“: più bassa è meglio è. Indicativamente 0,1 W/mqK è il massimo verosimilmente ottenibile mentre un valore di 0,4 è ancora discreto. Una classica muratura degli anni ’80 si aggira attorno all’1. Sotto questo fronte le due soluzioni più o meno si equivalgono.

6) “ISOLAMENTO” ESTIVO: XLAM 8 – TELAIO 6
Ecco il primo vero svantaggio del telaio. La poca massa, che ci faceva comodo ai punti 3 e 4), ora diventa un contro. D’estate infatti, nelle zone in cui il sole batte con violenza e le pareti possono superare tranquillamente i 50° (alcuni tetti arrivano a 70°) è importante che questo calore possa essere accumulato dalla parete stessa, e ceduto lentamente durante le ore notturne (e ovviamente asportato da una minima ventilazione). In poche parole la massa “attutisce il colpo”: pensate a delle pareti in lamiera e a delle spesse pareti in sasso, e capirete subito la differenza. In gergo questa proprietà viene detta “sfasamento dell’onda termica“, si misura in ore (almeno 10-12, oltre le 16 è inutile) e non ha nulla a che fare con l’isolamento invernale. La parete XLam certamente ha prestazioni migliori, ma comunque mai al livello di uno spesso muro in pietra.

7) ERMETICITA’: XLAM 9 – TELAIO 7
Altro punto a sfavore del telaio: nel caso dell’Xlam potrebbe essere sufficiente nastrare le giunzioni, mentre nel caso del telaio serve il cosiddetto strato di tenuta all’aria, in poche parole una guaina che impacchetta tutto l’edificio. L’ermeticità è assolutamente da ricercare nei nostri edifici, contrariamente a quanto qualcuno creda. A che serve isolare dalla conduzione di calore se poi lasciamo sfuggire l’aria calda attraverso i giunti dei nostri muri, i serramenti, i camini ecc.? Per arieggiare basta aprire le finestre di tanto in tanto, o adottare un sistema di cui vi parlerò prossimamente: la ventilazione dolce (o ventilazione meccanica controllata, che però è molto più brutto da sentire).

PUNTEGGIO FINALE: XLAM 60,5 – TELAIO 58,5

Una vittoria ai punti per l’Xlam!

Daniele Pozzan

Eco-quartiere “Le Albere” by Renzo Piano: pro e meno pro

schizzomuse
Anziché una bella foto panoramica preferisco partire dallo schizzo di Renzo Piano. Un genio è sempre un genio, e può permettersi tutte le finte ingenuità che vuole nelle proprie creazioni (un po’ come “e non c’è niente CHE ho bisogno” di Jovanotti), è il successo dell’opera finale a decretarne la buona riuscita: ed è indubbio che il suo complesso “Le Albere” ce l’abbia fatta.
Costruito a Trento lungo il fiume Adige, nel luogo che un tempo ospitava l’area industriale Michelin, è una mini-città praticamente autonoma: residenze, uffici, negozi, attività ricreative, perfino un Museo della Scienza (MUSE) per un totale di 350 unità in un parco di 5 ettari (circa 5 campi da calcio). Si tratta di un bellissimo esempio di riqualificazione urbana, firmata da uno dei più grandi orgogli italiani; la sostenibilità del progetto secondo me è già garantita a priori dal fatto che non vengono utilizzate aree vergini.
Bellissimi gli edifici, tutti: ampie vetrate, grande uso del colore verde (per la verità non ne vado matto) e del legno per richiamare il nome del complesso, “Le Albere” appunto, che significa pioppi. Gli edifici sono costruiti in linea o a corte e, pur differenziandosi per lo stile moderno e le originali coperture, si amalgamano bene con quelli del vicino centro storico, mantenendo le stesse proporzioni e altezze. I lotti sono intervallati a viali alberati, parchetti, stagni, cespugli, e sullo sfondo le splendide montagne trentine per fare da cornice all’idillio dei fortunati residenti (in verità ancora pochissimi visti i prezzi stellari, mi dicono). sfondo le albere
In riferimento a questo articolo, però, vorrei fare anche alcune mie personalissime considerazioni. Si parla di eco-quartiere e edificio passivo. Il primo può essere vero, il secondo no. Scendiamo più nel dettaglio: leggo che la domotica ottimizzerà la gestione dei consumi delle unità e del quartiere, non si precisa il come ma presumo si tratti soprattutto di illuminazione automatica. Sarebbe bello anche l’azionamento automatizzato delle schermature solari in relazione all’irraggiamento rilevato per proteggere le vetrate durante i periodi caldi. C’è anche il recupero delle acque piovane, wow! Questo è molto buono! Poi ragazzi che impianti: ventilazione meccanica controllata, sonde geotermiche, pannelli fotovoltaici e centrale di trigenerazione (cioè si ricava energia meccanica, elettrica e termica allo stesso tempo) e chi più ne ha più ne metta.
Sono un po’ meno entusiasta della parte in cui si magnifica la sostenibilità ambientale dei materiali usati (senza però richiedere una certificazione come LEED o CasaClima Nature) e il comportamento energetico degli edifici, dotati niente-popò-di-meno-che di un cappotto esterno e di una certificazione CasaClima B. Per chi non ne fosse al corrente la classe B è ormai il minimo obbligatorio in tutto il Trentino Alto Adige. Intendiamoci, sono comunque 10 passi avanti al resto d’Italia, ma “Le Albere” non ha fatto altro che rispettare gli standard minimi del luogo (anche se a onor del vero quando hanno avviato l’iter di certificazione nel 2009 bastava la C). Per far capire che non bisogna abusare del termine “passivo” basta dare i numeri: 1, 3, 5: corrispondono circa ai litri di gasolio (o ai metri cubi di metano) per metro quadro all’anno necessari per riscaldare e raffrescare rispettivamente una CasaClima GOLD, una CasaClima A e una CasaClima B. Quindi c’è una differenza di 5 volte tra i consumi di questo complesso e quelli di un edificio passivo, non poco. Non conta poi tanto da cosa venga presa questa energia, è qui che voglio battere il chiodo: perché se l’involucro non è performante è comunque energia sprecata, perché potrebbe servire cinque abitazioni anziché una.

Daniele Pozzan

I 5 pregiudizi sul legno

legno strutturaleRecentemente mi sono appassionato al legno come materiale da costruzione, sia per la sua naturalità che per le sue caratteristiche statiche e dinamiche. Un’altra dote del legno è la sua leggerezza in rapporto alla sua resistenza: ciò rende possibile costruire edifici con molta meno massa rispetto ad analoghe strutture in cemento armato, riducendo quindi le difficoltà legate alle verifiche sismiche. Grazie al suo scarso peso permette in molti casi la sopraelevazione di edifici esistenti senza interventi costosi sulle fondazioni, aspetto quanto mai utile nei recenti ampliamenti dovuti al Piano Casa.

Nonostante ciò, raramente le committenze private e pubbliche in Italia (tranne in Trentino Alto Adige, un caso un po’ a sé) chiedono costruzioni in legno: questo perché sono mosse da numerosi pregiudizi, che andremo a demolire uno per uno.

1)Pregiudizi estetici: in Italia gli edifici in legno sono considerati tipici delle zone alpine e vengono associati alle baite. baitaE’ invece possibile realizzare quasi ogni sorta di tipologia edilizia, mostrando oppure nascondendo del tutto l’utilizzo del legno. Io personalmente preferisco la prima opzione.

2)Pregiudizi culturali: in Italia la cultura del legno è stata soppiantata da quella di calcestruzzo e acciaio, cosa che non è avvenuta in Nord Europa o Nord America. Infatti raramente ci sono corsi di studio dedicati al legno nelle facoltà di ingegneria italiane, mentre la progettazione in legno è spesso requisito essenziale in paesi come Austria e Germania.

3)Diffidenza sulla resistenza meccanica: non lo si crede forse possibile, ma costruire edifici sino a 3 piani non costituisce affatto un problema, e ci si può spingere anche molto oltre: lo dimostrano ad esempio il Fortè Living di MelbourneFortè Living, un palazzo residenziale a 7 piani perfettamente integrato con l’architettura e la tipologia edilizia circostante, oppure il Pyramidenkogel nel comune di Keutschach am See, in Carinzia, la più alta torre di osservazione in legno del mondo con i suoi 100 metri di altezza. Rubner_Holzbau_Torre_Legno_Kit_420x270

4)Diffidenza sulla durabilità: è opinione comune che il legno degradi velocemente, ma ciò può essere vero solo se le tecniche di costruzione non sono adeguate. Con i giusti accorgimenti, infatti, il legno può assolvere le sue funzioni per secoli. Sono documentati infatti edifici molto antichi e ancora in uso, ad esempio Casa Betlemme a SvittoSvitto, in Svizzera, risalente al 1287, e una sala di un tempio buddhista di Nara, in Giappone, risalente al 600-700Tempio Nara.

5)Diffidenza sulla resistenza al fuoco: non è generalmente noto che il legno (sia lamellare che massello) può garantire una sicurezza al fuoco pari alle strutture in muratura e superiori alle strutture in cemento armato: infatti il legno brucia lentamente (circa 0,5-1 mm/min di penetrazione) e lo strato carbonizzato esterno funge da protezione per l’anima che nel frattempo assolve ancora in pieno le sue funzioni statiche. Trave di legno sottoposta a incendio Gli altri materiali come l’acciaio e il calcestruzzo non subiscono lo stesso pregiudizio in quanto non combustibili, ma le loro prestazioni decadono velocemente con il calore prodotto durante un incendio. Vi ricordate la tragedia dell’11 settembre? Le strutture portanti in acciaio non sono state disintegrate dall’urto, sono collassate a causa del calore. Opportunamente trattato, il legno può arrivare facilmente in classe 1 o 2 (in una scala che va dallo 0, ovvero non prende fuoco, al 5, ma che ripeto non è indicativa della sicurezza della struttura ma solo della combustione).

Prossimamente esploreremo i modi nei quali si può utilizzare il legno per costruire la propria casa, e assisteremo all’appassionante scontro “strutture a telaio vs parete massiccia“: quali sono i pregi e i difetti tra questi due sistemi? Lo vedremo!

Daniele Pozzan

L’importanza del risparmio energetico

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Tutti i miei amici sanno che odio gli sprechi. Che si tratti delle fontane pubbliche o della pizza avanzata non fa differenza. Quindi ho buttato giù due righe su una cosa più seria che sentiamo da mo’: una delle urgenze più impellenti che l’Unione Europea si trova ad affrontare è quella di abbattere i consumi e le emissioni di gas serra (principalmente anidride carbonica) nel più breve tempo possibile. Proprio l’Unione Europea è una delle principali sostenitrici del Protocollo di Kyoto, quello del 1997 ve lo ricordate? Dovremmo essere a 192 Paesi aderenti di cui 83 firmatari (ho tenuto il conto con le mani). A Kyoto si decise, tra molte altre prescrizioni e alcune eccezioni, che entro il 2012 si dovessero ridurre le emissioni di gas serra rispetto al 2012; poi come spesso accade si è spostata l’asticella un po’ più in là, ovvero al 2020.

Ma il Protocollo non costituisce di per sé un vero e proprio obbligo, e pure le sanzioni sono all’acqua di rose. Cosa ha pensato quindi la UE? Con la direttiva 2003/87/CE è stato introdotto un meccanismo sanzionatorio molto più convincente che, oltre a multare di 100€ per ogni tonnellata di CO2 prodotta in eccesso, istituisce un mercato di permessi di emissione. Questi sono dei veri e propri “permessi di inquinare” assegnati in varie quote ai singoli operatori dei settori produttivi più energivori. Ogni operatore sarà quindi incentivato a non oltrepassare le proprie quote onde evitare di pagare la sanzione, ma al contempo potrà cercare di ridurre ulteriormente le emissioni in maniera tale da poter entrare nel mercato delle emissioni (ET) con un bilancio attivo e poter vendere le proprie quote avanzate con gli operatori meno virtuosi. Tutto ciò avrebbe dovuto innescare una corsa all’efficienza, specialmente nel caso in cui le quote avessero raggiunto un buon valore di mercato; sembra tuttavia che, a causa della forte crisi che ha colpito l’economia, il valore delle quote sia crollato ben al di sotto di quanto previsto, rendendo di fatto poco incentivante tale meccanismo. Notizia recente: nulla di fatto. Forse era troppo complicato da capire. O da spiegare.

Per comprendere quanto la componente edilizia sia importante nel computo delle emissioni è opportuno fornire alcuni dati: in Europa il 40% del consumo di energia e il 36% delle emissioni di CO2 è originato dall’edilizia residenziale e commerciale. Una quota circa pari al 70% di questo consumo serve a soddisfare la domanda di riscaldamento nelle sue varie forme (metano, gpl, legno, pellet ecc.) e un altro 10% circa è utilizzato per scaldare l’acqua sanitaria; il 20% che rimane è imputabile per due terzi agli elettrodomestici e per un terzo alla cucina (non so se vi convenga di più il forno a microonde o il fornello, ma nel dubbio scegliete sempre il fornello!). Insomma, ok gli incentivi per gli elettrodomestici nuovi in classe A++++ super (come i feedback su ebay), ma non basta: serve un controllo sulle emissioni prodotte dagli edifici.
Entro il 2020 (2018 per gli edifici pubblici), dice la direttiva 2010/31/UE, tutto il nuovo costruito dovrà avere i requisiti previsti per gli edifici “a energia quasi zero” (Nearly Zero Energy). Adesso ok, soffocate le risate…ma voi…ce la vedete l’Italia in regola nel 2020? Pffff!!! Ad ogni modo, meglio prendersi per tempo, magari a 70 anni mi ritroverò a fare qualche progettino di casa passiva, quindi via con l’apprendistato.

Daniele Pozzan

Let me please introduce myself

Piaggio-ciao_7ffd6Ho scelto questo mitico motorino, nonché l’unico che io abbia mai posseduto/guidato, per salutarvi in maniera un po’ retrò.

Poiché ho accostato il Ciao alla parola “retrò” si capisce che non posso essere molto in là con gli anni, e con la mia (presunta) giovinezza viene da sé anche la mia (certa) inesperienza nel settore edilizio e dell’ingegneria in genere.

Per questo ho deciso di creare questo blog per rileggerlo un giorno e dire a me stesso: “ok non ti ha ca**to nessuno, e adesso che si fa, ti decidi a tagliarti i capelli e andare a lavorare?” Ma magari!! Invece sono bloccato ad un esame dalla laurea magistrale in Ing. Civile 🙁 Eh ma l’avrò vinta io! Padova, Palazzo Bo, aspettami! Nel frattempo mi sono dedicato a fare un po’ di pratica volontaria qua e là e alla redazione della mia tesi. Il che è tutt’uno, perché ho conosciuto una persona in particolare che mi sta dando l’appoggio in questo processo di crescita professionale.

Sto scoprendo un mondo nuovo, diverso e più interessante dell’Ingegneria dei Trasporti, sicuramente altrettanto utile e con un futuro sicuro come le pompe funebri: rullo di tamburi…..il risparmio energetico nell’edilizia.

Ok, è la scoperta dell’acqua calda. Ma io ci voglio mettere un po’ di sale e poi buttare la pasta.

PS: dimenticavo la cosa più importante di una presentazione: presentarsi! Sono Daniele, per gli amici Pot (ma anche per tutti gli altri).

Daniele Pozzan